19 Gennaio 2025

Il Real Madrid, quel precedente del 2021 e i sogni di gloria: l’Atalanta ha un debito con la sorte

Il Real Madrid, quel precedente del 2021 e i sogni di gloria: l’Atalanta ha un debito con la sorte

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Una marea di gente. Centinaia, anzi, di più, migliaia. Avrebbero voluto riempire il Gewiss Stadium, cantare per sostenere l’Atalanta in una sfida che chissà se si sarebbe mai rivista, perché anche solo pensare che il Real Madrid potesse arrivare a Bergamo per giocarsi un ottavo di finale di Champions League era quasi utopia, roba che forse nemmeno i più ottimisti potevano pronosticare.

Era il 24 febbraio 2021, Bergamo da un anno viveva l’incubo della pandemia, delle riaperture e delle chiusure, i lockdown, il distanziamento. Come d’altronde tutto il resto d’Italia. I tifosi nerazzurri hanno potuto guardare soltanto da casa i ragazzi di Gasperini espugnare Anfield, vincere all’Amsterdam Arena, conquistare gli ottavi per la seconda stagione consecutiva.

Un anno prima, il 19 febbraio, si era giocato quell’Atalanta-Valencia diventato tristemente simbolo del contagio da coronavirus. Il resto è una storia tristemente nota, intrecciata con un’Atalanta che in quel periodo ha rappresentato un lume di speranza: le bare in Borgo Palazzo e la tripletta di Ilicic a Valencia, l’ospedale da campo in Fiera e la partita con il PSG in Champions League nel silenzio di Lisbona, sfiorando la semifinale.

E poi, il Real Madrid. Che è quella cosa che anche solo il nome mette i brividi, specialmente a chi si era abituato a partite di tutt’altro calibro, a trasferte in stadi italiani che a volte nemmeno superavano i 10mia spettatori in Serie B. Per chi ha visto al Gewiss le partite contro il Foligno, la prima dell’era Percassi esattamente 14 anni prima della Supercoppa, o gli anni della Serie B, per non tornare fino alla Serie C, avere i Galacticos a Bergamo poteva sembrare un sogno ad occhi aperti. E il non poterli vedere in campo una grande beffa.

 

 

Era il periodo dei divieti di assembramento: sembra una vita fa, invece sono solo tre anni e mezzo. Ma quel richiamo per migliaia di bergamaschi era troppo forte. Così, armati di mascherine, gli atalantini si sono radunati in viale Giulio Cesare, in attesa del bus nerazzurro, per poter dare un segnale di vicinanza alla squadra. Ciò che non poteva arrivare dentro lo stadio in curva è arrivato fuori dallo stadio. Cori, fumogeni, un fiume di gente intorno al pullman nerazzurro.

“Me lo ricordo molto bene, penso che abbiamo percorso gli ultimi 500 metri in mezz’ora” ha detto Marten de Roon in conferenza stampa alla vigilia della Supercoppa. Per lui è la chiusura di un cerchio: è uno dei pochi superstiti, insieme a Toloi (stasera out per infortunio), Djimsiti, Pasalic, Ruggeri e il terzo portiere Rossi. Erano su quel bus 1267 giorni fa, poi in campo, in un’immeritata sconfitta per 0-1 maturata nel finale con il gol di Mendy dopo l’ingiusta espulsione di Freuler all’11’. Ieri son saliti sull’aereo per Varsavia, per giocare di nuovo contro il Real Madrid. Stavolta con 6mila bergamaschi a spingere sugli spalti, perché “il calcio senza tifosi non esisterebbe”. Amen.

“Non voglio dire di avere un conto aperto, perché abbiamo fatto il nostro percorso e siamo arrivati fino a qui: siamo molto orgogliosi di poter giocare questa finale con la squadra migliore al mondo” ha concluso l’olandese, che in Supercoppa sarà il capitano. Comunque vada, potrà dire di aver guidato l’Atalanta in una serata storica, chiudendo, a prescindere dal risultato, un cerchio che da tre anni e mezzo era rimasto aperto.

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