19 Gennaio 2025

La lezione dell’Atalanta a Lecce: chi gioca pesa sempre più di chi non gioca

La lezione dell’Atalanta a Lecce: chi gioca pesa sempre più di chi non gioca

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Mister Gasperini ama ricordare che sarebbe meglio parlare di chi gioca, piuttosto che di chi non gioca. La prima giornata della Serie A 2024/25 non fa altro che assecondare questo suo punto di vista, espresso a più riprese: non ci sono Koopmeiners e Lookman (tra gli altri), ma in compenso ci sono i nuovi acquisti. Che magari non sono così di grido per come sono arrivati, forse hanno meno appeal internazionale, non sono degli idoli di Bergamo, la stragrande maggioranza dei tifosi non ha ancora acquistato la loro maglia, ma a dirla tutta sembra davvero solo una questione di tempo, specialmente se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera.

Gli uomini copertina del poker di Lecce sono inevitabilmente Mateo Retegui e Marco Brescianini, una doppietta ciascuno al Via del Mare alla prima assoluta in Serie A in nerazzurro, pochi giorni dopo il loro arrivo, al netto che l’italo-argentino aveva già debuttato in Supercoppa a Varsavia entrando con la squadra già in svantaggio e senza grossa possibilità di lasciare il segno essendo già alzatasi l’ondata Real sulla difesa orobica.

Di fatto per entrambi è stata la prima vera presenza. E non era certo facile, visto che hanno raccolto una responsabilità molto pesante, perché in condizioni probabilmente “normali” al loro posto ci sarebbero stati i due che per loro scelta hanno preferito restare a casa in attesa di evoluzioni sulle situazioni di mercato, a prescindere da quello che sarà il finale della storia, o meglio, del caso. Che fino alle 18.30 teneva banco, poi il campo lo ha fatto passare in secondo piano.

 

 

Perché ora che c’è il pallone che gira, finalmente la concentrazione va sul campo. Almeno con il ticchettio del cronometro che scorre fino al prossimo capitolo di mercato, in una sorta di paradosso parallelo ben riassunto da Gian Piero Gasperini nel post partita, facendo riferimento alla “follia” di giocare a mercato aperto. E vale per tutti, da sempre, a prescindere, perché “se queste situazioni si fossero verificate in altri giorni, a giugno o a luglio, non avrebbero fatto così rumore”.

Ecco, per risolverle ci sono ancora una decina di giorni, in cui ci sono talmente tante parentesi aperte a livello europeo che per ora escludere scenari sembra quasi prematuro. In questo arco di tempo la Dea si troverà a giocare altre due partite, sulla carta più impegnative rispetto all’esordio: sul campo del Torino prima e poi a San Siro con l’Inter campione d’Italia in carica. Quest’ultima, tra l’altro, proprio mentre il calciomercato sarà in chiusura, con tutti i possibili giocatori ancora in bilico non a disposizione. Altro danno. Era già successo due anni fa: 3-1 contro il Torino in casa, ma tre giocatori esclusi perché in rifinitura erano “col telefono in mano per aspettare notizie”.

E in caso andasse a finire così, se ci saranno ancora situazioni, si parlerà ancora di chi non gioca, anziché di chi gioca. Con buona pace del Gasp, che intanto la sua mano l’ha fatta sentire, come del resto quella di un gruppo storico che non ha mai mollato, che è passato sopra qualunque cosa anche nel momento più difficile a livello ambientale, ma si è talmente solidificato col passare degli anni che per scalfirlo ci vuole molto di più.

Da Djimsiti e De Roon a Zappacosta e Pasalic, passando per giocatori come Ederson e Ruggeri che ormai fanno parte della base solida, anzi, solidissima su cui poggia le sue idee il tecnico di Grugliasco. Loro fanno parlare il campo. E lo fanno benissimo. Chi gioca pesa sempre più di chi non gioca, nel bene come nel male: è la verità del calcio.

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