Tappabuchi e riparazioni? No, l’Atalanta a gennaio ha solo bisogno di vero valore aggiunto
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Lo chiamano “di riparazione”, perché è utile per tappare quei buchi che sono rimasti dall’estate o si sono creati nel corso dei mesi. A volte è diventato di “restaurazione”, altre di “rivoluzione”. Per l’Atalanta di oggi, il mercato di gennaio dovrebbe essere più che altro “di rafforzamento”. Ovvero: aggiungere valore, vero valore.
Lo scorso anno in inverno è arrivato un solo nuovo giocatore: Isak Hien. Ha completato un reparto difensivo che aveva oggettivo bisogno di un innesto che garantisse migliori rotazioni, considerando la posizione di Palomino e la fragilità fisica di Toloi. È diventato un perno della squadra che ha fatto la storia. Era nei radar da tempo, è arrivato dopo un lungo corteggiamento ad un costo quasi ridicolo considerando quello che può essere il suo valore attuale: fu pagato 8 milioni di euro, attualmente ne vale almeno il triplo.
Certo, il lavoro verticale dall’Atalanta, dalla dirigenza allo staff tecnico, negli ultimi anni di gestione D’Amico ha abituato tutti talmente bene quando si parla di “azzeccare i giocatori” che fa ben più specie quando qualcuno non riesce ad entrare nelle dinamiche, caso fortunatamente raro. Però riuscire a dare il giusto boost alla stagione nel momento del giro di boa è quella cosa che può fare la differenza tra le stagioni di successo e quelle deludenti.
Prendiamo ad esempio il gennaio del 2022, quando in una situazione quasi tragica di infortuni in attacco arrivarono Mihaila in prestito dal Parma e Boga dal Sassuolo, due esterni offensivi. La seconda parte del campionato fu un calvario, soprattutto se paragonata alla prima: 38 punti nel girone d’andata, 21 in quello di ritorno. Gol dei nuovi? Uno. Nell’anno precedente, invece, a gennaio era stato inserito Maehle per dare più profondità alle rotazioni sugli esterni. Risultato: +6 nella seconda parte di stagione, da 36 a 42. Differenze.
Oggi, con una squadra che ha fatto 41 punti in 18 partite, l’ambizione non può che essere quella di provare a lottare fino in fondo per lo Scudetto e dunque la necessità di alzare l’asticella rispetto a quegli anni – o al precedente, quando addirittura arrivarono in massa Czyborra, Sutalo, il rientrante Caldara, Tameze e, guarda un po’, Bellanova – è chiara: ci vorrebbe un altro colpo alla Hien, un giocatore che conosca il campionato, offra garanzie tecniche e fisiche, inquadrabile da subito nel contesto Gasperiniano.
Facile? No, per niente. Ma è altrettanto vero che andare su una “scommessa” in questo momento potrebbe non servire a nulla. Perché mai come in questo momento per l’Atalanta conta il “qui e ora”, perché un’altra chance di correre per il titolo potrebbe non presentarsi più, come del resto una striscia di 11 vittorie consecutive che ti proietta in testa alla classifica di un campionato che non ha ancora un padrone, differentemente dalla maggior parte degli ultimi anni.
Anche in questo caso l’Atalanta dovrà dimostrarsi più brava delle altre, soprattutto perché di acquisti di gennaio che sono finiti nel dimenticatoio dopo pochi mesi ne è piena la Serie A. E la lista di nomi è lunga, lunghissima. È più facile sbagliare l’innesto, piuttosto che indovinarlo, anche perché le squadre i propri migliori giocatori tendono a tenerseli, mica a lasciarli partire.
Il grande dilemma è: rafforzare l’attacco o il centrocampo? Dubbio esistenziale di non facile risoluzione, visto che ci sono numerosi buoni motivi per andare su entrambe le soluzioni. La mediana ha un Pasalic in più che fa da tappabuchi con Ederson-De Roon intoccabili, più Scalvini e Brescianini adattabili, l’attacco ha come uomo d’area puro soltanto Retegui, visto che Scamacca a pieno regime e al meglio delle sue forze si vedrà verosimilmente solo nella prossima stagione. Ma se si vuole sfruttare Pasalic come uomo d’inserimento, allora avere un cambio affidabile in mediana diventa la base.
Conclusione: non c’è bisogno di comprare per forza, si può anche rimanere così, se chi arriva finisce per non dare nulla in più alla squadra. Certo, se però si vogliono tenere alte le ambizioni e stare al passo di un’Inter che può superare serenamente quota 85 punti e un Napoli senza le coppe, qualcosa serve. Ma quel “qualcosa” deve portare determinate garanzie.
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